Mauro Covacich e Pulsatilla: il successo in cambio della privacy

Dire se è nato prima il blogger o lo scrittore non è così apodittico come potrebbe sembrare. Altro che dubbio amletico sull’uomo o la scimmia: i blogger sono degli aspiranti scrittori, mentre gli scrittori sono dei blogger repressi.

Prendete Mauro Covacich, scrittore nonché firma di punta di Vanity Fair: ha appena pubblicato il libro Prima di sparire, che racconta la fine di un matrimonio. Il proprio. Con i nomi veri. Il suo, quello della sua ex-moglie, della nuova compagna, degli amici e di chiunque abbia incontrato nel periodo racchiuso nelle 277 pagine. Dice di aver avuto paura di trasformare una vicenda tanto comune quanto personale in una vittima del modello televisivo, esponendola alla sindrome di intrusione di massa. Era talmente terrorizzato da scrivere il libro di nascosto, mettendosi al computer mentre la sua attuale fidanzata andava seriamente a guadagnarsi da vivere. Tant’è, l’avrà fatto perché è questo che vuole il mercato: i cazzi tuoi, mica lo sfoggio di scrittura.

Quello che mi chiedo è che vita sregolata bisogna avere oggi per fare successo. Se è proprio vero che scrivere è compiacersi di se stessi, nella consapevolezza che è sempre meglio che lavorare sul serio. Se senza una drag queen nell’armadio o un auto-violazione della propria privacy non si diventerà mai nessuno.

Pulsatilla, che al contrario nasce blogger e diventa scrittrice-rivelazione con La ballata delle prugne secche, continua a raccontare sul suo blog dalle uova d’oro le proprie prodezze in giro per il mondo, le esclusive mete estere che riesce a visitare grazie alla paghetta del mensile Max. Per una meridionale disoccupata che nell’editoria milanese ha trovato l’America, mi sembra uno scambio più che equo: la sua vita da macchietta in cambio dello stipendio.

La Quattrociocche, Super Simo e gli autori di Amici: gli scrittori venduti

michela quattrociocche

Un tempo c’erano gli scrittori di professione, che avevano bisogno di un pizzico di successo per vendere ma disponevano in ogni caso di tutti i requisiti “letterari”. Ora le librerie Feltrinelli sono invase da stand promozionali, a metà tra un’edicola e un mediacenter. Dell’austerità di un tempo non hanno più nulla, anzi fanno di tutto per non assomigliare alle respingenti, polverose biblioteche.

Spaziano dal bianco minimalista ai colori accesi, rifiutando l’atmosfera calda di una volta. I punti vendita di articoli editoriali si sono massificati, trasformando la collana di Augias in un must-have e le biografie di Raffaella Carrà e Simona Ventura in degli accessori glamour.  Stando alle indiscrezioni pubblicate da River, pare che lo stesso Tiziano Ferro stia per salire sull’Olimpo dei biografati a tempo di record. Ma, addirittura, questo avverrebbe contro la sua volontà, della serie che oggi il primo furbone intenzionato a sfruttare la tua immagine può sproloquiare sulla tua vita senza che tu ti ci riconosca.

I più attenti analisti del libro usa e getta avranno infine notato, nella montagnetta di letture da supermercato, un nuovo trash-feticcio. Tra Il Cuore e le Stelle degli autori di Amici e le insopprimibili gesta di Step c’è l’opera prima di Michela Quattrociocche (quando si dice, sulla destra, una topa da biblioteca), l’ultima figlioccia di Moccia diventata autrice all’improvviso: Leggi il seguito di questo post »

Elezioni 2008: giornalisti astensionisti, blogger indecisi

Da che mondo è mondo il clou elettorale si gioca sugli indecisi: sta agli organi della stampa informare, mentre ai politici tocca “massaggiare il messaggio” (Duncan Watts docet) fino all’ultimo istante di campagna elettorale. Pensate che, secondo uno studio Usa promosso dall’Università di Notre Dame e dall’università del Texas, i giovani verrebbero influenzati dai toni aggressivi. Alcuni studenti selezionati fra i 18 e i 23 anni hanno espresso la loro preferenza tra i candidati Usa del 2004, Bush e Kerry. Il risultato è che la propaganda negativa ha spostato più preferenze di quella positiva, istigando i prescelti a disprezzare a parole gli urlatori per poi farsi lusingare a votarli.

La speranza ultima a morire è che uno zoccolo duro di votanti consapevoli non abbia bisogno dell’ultima ora per scongiurare il testa o croce. La cosa buffa di queste votazioni, invece, è che a sbancare gli ascolti elettorali sia stato Enrico Mentana, un dichiarato astensionista per 10 anni che ci ha illustrato in uno speciale Matrix le modalità per non disperdere il voto. Un modo come un altro per vantarsi della propria imparzialità?

D’altro canto, c’è un blogger-giornalista –  che non le manda mai a dire – che ha fatto outing sul proprio voto, violando non solo le norme di segretezza ma anche il buonsenso deontologico. Eppure Matteo Failla è fatto così, ci siamo abituati ormai. Quello che non mi sarei aspettato, da un recalcitrante al bloggin’ domenicale come lui, è che potesse passare l’intera giornata a smentire i propri già discutibili propositi. Dopo aver esternato ai suoi lettori di voler recarsi al seggio elettorale con la puerile voglia di deturpare la scheda di voto, si è ricreduto all’ultimo, temendo forse di pentirsi di una scelta così qualunquista. Così ha votato “uno che ha visto su Sky e che ha preparato una campagna con i fiocchi”. E’ proprio vero che il silenzio della par condicio vale più di mille parole.

Luca Luciani, Flavia Vento, prof e blogger: la cultura oppio dei media

luca lucianiL’Arena di Giletti di oggi era incentrata sull’affaire Luca Luciani. Da giorni, infatti, la rete si sta prendendo gioco di questo pezzo grosso, laureato con 110 e lode, a 24 anni, alla Luiss di Roma. E’ accaduto che un direttore generale di Telecom Italia, per aver scambiato la disfatta di Waterloo con un capolavoro di Napoleone, sia stato messo alla gogna mediatica nazionale. C’è chi lo reputa un atto di profonda ignoranza, chi lo giustifica come gaffe. Fanno scandalo le voci che girano sul suo stipendio da capogiro, ma tanto basta per puntare il dito contro l’untore.

Freschi di Zucca Quiz pronti a saggiare l’ignoranza delle pupe italiane e di Iene tronfie nello sputtanare la Casta italiana, ce n’è anche per i businessmen, rei di avere in mano il potere senza una vera cultura alle spalle. Una cultura che si scambia con il nozionismo, con la data del Congresso di Vienna, con l’apparenza intellettualoide che cela apparenze e ristrettezze mentali. I conduttori si divertono a impugnare una cartelletta con cui inchiodare la vittima sacrificale di turno, a colpi di domandine trabocchetto (sarebbe così divertente rigirare la frittata spogliandoli di quell’aria fintamente intellettuale). Mentre con Flavia Vento, partorita televisivamente da un tavolo di plexigas e dunque stupida per gettone di presenza, è fin troppo facile salire in cattedra. Leggi il seguito di questo post »