Dire se è nato prima il blogger o lo scrittore non è così apodittico come potrebbe sembrare. Altro che dubbio amletico sull’uomo o la scimmia: i blogger sono degli aspiranti scrittori, mentre gli scrittori sono dei blogger repressi.
Prendete Mauro Covacich, scrittore nonché firma di punta di Vanity Fair: ha appena pubblicato il libro Prima di sparire, che racconta la fine di un matrimonio. Il proprio. Con i nomi veri. Il suo, quello della sua ex-moglie, della nuova compagna, degli amici e di chiunque abbia incontrato nel periodo racchiuso nelle 277 pagine. Dice di aver avuto paura di trasformare una vicenda tanto comune quanto personale in una vittima del modello televisivo, esponendola alla sindrome di intrusione di massa. Era talmente terrorizzato da scrivere il libro di nascosto, mettendosi al computer mentre la sua attuale fidanzata andava seriamente a guadagnarsi da vivere. Tant’è, l’avrà fatto perché è questo che vuole il mercato: i cazzi tuoi, mica lo sfoggio di scrittura.
Quello che mi chiedo è che vita sregolata bisogna avere oggi per fare successo. Se è proprio vero che scrivere è compiacersi di se stessi, nella consapevolezza che è sempre meglio che lavorare sul serio. Se senza una drag queen nell’armadio o un auto-violazione della propria privacy non si diventerà mai nessuno.
Pulsatilla, che al contrario nasce blogger e diventa scrittrice-rivelazione con La ballata delle prugne secche, continua a raccontare sul suo blog dalle uova d’oro le proprie prodezze in giro per il mondo, le esclusive mete estere che riesce a visitare grazie alla paghetta del mensile Max. Per una meridionale disoccupata che nell’editoria milanese ha trovato l’America, mi sembra uno scambio più che equo: la sua vita da macchietta in cambio dello stipendio.